Questo è il secondo articolo dedicato a ipotesi, riflessioni sparse e non esaustive su quel che potrebbe essere nell’immediato futuro il nostro rapporto con le intelligenze artificiali.

Qui la prima parte. Qui la terza.

1.

Una questione fondamentale riguarderà la collaborazione.

In fin dei conti, uno dei compiti delle tecnologie è da sempre quello di consentire la realizzazione di opere e la fornitura di servizi attraverso il minor dispendio possibile di energie, il che si sostanzia poi nel sempre più ridotto utilizzo di manodopera umana. Se ieri eravamo in tre a dover fare un lavoro, oggi bastiamo in due. E domani chissà; tu sarai di troppo e basterò soltanto io.

E così, sarà sempre più probabile che in un lavoro di comunicazione integrata non occorreranno graphic designer, copywriter, web designer, illustratore, seo specialist e tutto il carrozzone appresso. Ci si rivolgerà ad una persona che si occuperà di mettere le mani nei terreni di sua competenza, delegando all’intelligenza artificiale le parti del lavoro ci cui non sarà padrona.

Le agenzie saranno sempre più frequentemente composte da una sola persona alla quale voi clienti chiederete di svolgere un lavoro per il quale fino a ieri sarebbero occorse tre, quattro, cinque professionalità.

In realtà già oggi capita che dietro l’insegna di un’agenzia via sia una sola persona che poi subappalta il lavoro a differenti professionisti. Ma ne parliamo un’altra volta.

La storia è vecchia, direte.

Non ci racconti nulla di nuovo, direte.

E avete ragione. Il punto non starà nella novità, ma nelle proporzioni del fenomeno.

2.

In uno dei miei trip futuribili ho immaginato che il lavoro creativo sarà talmente polverizzato e individualizzato che finiremo, noi creativi, con l’aver quasi fastidio di dover interagire gli uni con gli altri.

Mi torna in mente un romanzo di Asimov, ambientato su un pianeta in cui le persone, abituatesi per tutta una serie di motivi a vivere a grande distanza le une dalle altre, hanno finito per perdere le più elementari coordinate di contatto fisico. Giunte a provare paura, ribrezzo, repulsione alla sola idea di incontrarsi di persona, si sono abituate a socializzare tramite proiezioni olografiche. Sul pianeta Solaria le persone non si incontrano: si visionano.

Anche qui potremmo dire che a questo stato di cose ci siamo già arrivati, per la verità. Ma ne parliamo un’altra volta.

Dicevo; è possibile che l’interazione con le IA si sostituisca di prepotenza alle interazioni umane, almeno a certi livelli. Almeno in termini di lavoro creativo inteso come attività di scrittura, comunicazione visiva, produzione di contenuti. A un livello diverso, si potrebbe ipotizzare il contrario: per dare forma e struttura a IA sempre più potenti e raffinate occorrerà comporre squadre di esperti sempre più numerose e non è escluso che di queste squadre faranno parte anche i soggetti che oggi stanno in un punto diverso della filiera creativa. Se è vero, ed è vero, che per costruire i computer che abbiamo oggi in casa ci è voluto anche l’apporto dei linguisti sarà forse vero che le IA saranno “allevate” e istruite da scrittori e illustratori oltre che da programmatori e ingegneri.

Una mia illustrazione che in qualche maniera mi pare coerente con quel che ci aspetta.

3.

Possibile che tante personalità artistiche e creative lavoreranno per addestrare le macchine intelligenti lasciando poi ad esse una buona parte del lavoro che oggi svolgono per altri esseri umani.

Nel primo articolo dedicato al tema avevo immaginato il professionista creativo come tramite fra un ipotetico cliente che richiede un servizio e l’IA che risponde alla richiesta (alcuni hanno già coniato un termine che potrebbe adattarsi a un immaginario del genere: prompt designer). Qui sto immaginando i creativi come “ammaestratori”, “educatori” di intelligenze artificiali. Non ho chiari i termini dei potenziali processi educativi; ho solo immagini nebulose.

In base ai dati, agli archivi, ai parametri di relazione in suo possesso l’IA genererà un dipinto in stile impressionista. L’artista valuterà il lavoro dal punto di vista del gusto pittorico. Ci sarà un critico d’arte per valutarne l’originalità. Uno storico dell’arte si occuperà di giudicare la coerenza della risposta della macchina in rapporto alla richiesta. Valuteranno insieme con ingegneri e programmatori il modo migliore per istruire la macchina a entrare nel mood di Monet, permettendole di sviluppare una propria poetica. Per simulare sempre meglio… l’umanità.

Ma stiamo andando ben oltre le intenzioni di queste righe.

Ne parliamo un’altra volta.

Extras

Qui c’è un articolo che mi ha colpito molto. Tanto per ricordare che finché le IA non saranno in grado di autoalimentarsi e autodeterminarsi, i responsabili di quel che faranno saremo sempre noi.

Qui trovate una bella riflessione sull’immediato futuro di certe professioni. E sul concetto di errore.

Qui un bell’articolo sulle attuali tendenze del graphic design e della tipografia in particolare. Ha a che fare con un sacco di cose, e fra queste c’è anche il discorso sulle IA.

Il romanzo di Isaac Asimov di cui parlavo si chiama Il sole nudo, è un libro di settant’anni fa relativo alla cosiddetta età d’oro della fantascienza e attualmente non pare essere disponibile in edizione italiana (fino a pochissimo tempo fa lo pubblicava Mondadori).

Bonus

Solito saluto musicale, che pure stavolta è in qualche modo “obbligato”: