È uno dei clienti a cui mi sono maggiormente affezionato, il signor Olycaster. Costruisce chitarre e, nel caso di cui vi sto parlando, mi ha commissionato il trattamento di alcuni dei suoi disegni, da trasformare in file adatti ad essere stampati e trasferiti su una Telecaster.

Per inciso: un po’ di invidia l’ho provata, dando un’occhiata ai suoi disegni che hanno una compiutezza e una raffinatezza che a me non vengono mai così naturali… Ma si fa prima ad ammirare che ad invidiare, per cui spazio solo ai pensieri positivi.

Come sempre, dopo aver finito un qualsiasi lavoro mi siedo alla scrivania e appunto quel che mi è parso di aver imparato. A volte pubblicamente, come in questo caso.

Il tempo che ci vuole

Abbiamo iniziato a lavorare lo scorso febbraio e a fronte di una tabella di marcia che presumevamo avrebbe portato ad un buon epilogo entro due mesi… beh, la chitarra finita ha visto la luce a fine luglio. Succede, giusto? Ritardi ed imprevisti bisogna metterli nel conto, giusto?

Sì e no: perché l’ordine di idee in cui si dovrebbe entrare e che sovente la società iperattiva del terzo millennio trascura è che non si tratta di concepire il lavoro in termini di deadline e imprevisti. Si tratta più serenamente di ammettere che certe volte ci vuole il tempo che ci vuole, e basta. Il signor Olycaster, da buon artigiano, lo sa. Non mi ha mai messo pressione.

Cosa ovvia e spesso dimenticata: le scadenze sono spesso cosa utile, si sa. Eppure, il concepire costantemente le proprie attività in termini di conto alla rovescia e urgenza le incatena e le trasforma in una inutile sequenza di frustrazioni che fermano la circolazione delle idee e del Know – how.

L’evoluzione

Il mio lavoro, in linea teorica, avrebbe dovuto limitarsi alla digitalizzazione di alcuni disegni e alla preparazione dei file di stampa che sarebbero poi andati a finire sul corpo della chitarra. Questi qua:

E invece no: è finita che sono entrato (con discrezione, occorre precisare) nel processo creativo e ho dato una mano nel decidere quale sarebbe stata la composizione delle immagini. Alla fine posso dire di essermi occupato del vero e proprio progetto grafico. Che è venuto fuori così:

Il progetto grafico del fronte della chitarra Olycaster
Il progetto grafico del retro della chitarra Olycaster

Spesso accade il contrario, a noi piccoli professionisti. Il cliente chiede o è convinto di chiedere un lavoro creativo e invece, non di rado inconsapevolmente, si aspetta un puro atto di esecuzione delle sue volontà. E la maggior parte delle volte un atteggiamento del genere produce soltanto danni.

Stavolta no, deo gratias. Sono partito come esecutore (esecutivista, direbbero certi tizi) e sono stato velocemente coinvolto nella parte creativa.

Le deviazioni

Spesso accade, a chiunque e in qualsiasi lavoro e fuori dagli ambiti di lavoro. Qualsiasi cammino conduce in posti che non ci si aspetta di dovere, poter visitare. Ed è così che dal monitor del pc si passa ad informarsi su quale diamine sia la macchina di stampa più adatta a trasferire i disegni sulla chitarra; ci si informa sulla differenza fra decalcomania e pellicola in vinile; e poi c’è la questione annosa della compatibilità fra i tuoi programmi di grafica e i programmi che lo stampatore usa per aprire i tuoi file; e poi da che stavi a pensare agli equilibri compositivi del disegno ti ritrovi a sbattere contro i meccanismi attraverso i quali un plotter scarica il colore sui supporti di stampa. Eccetera eccetera eccetera.

Sbagli. Impari. Sbagli di nuovo. Impari meglio.

Come sempre, attorno a quel che ti piace fare ci sono un milione di rotture di scatole con le quali ti tocca misurarti e un altro milione di concetti che nemmeno hai mai sentito nominare.

Soprattutto, arrivano davanti agli occhi tante cose che non pensavi potessero interessarti e che finiranno per entrare nell’elenco di quel che vorrai approfondire.

Sapere dove cercare

La grande lezione è sempre quella: qualunque sia il problema, lo si risolve con metodo e applicazione. E più di qualche volta con una equilibrata miscela di umiltà e calma che ti permetta di non ostinarti a far tutto da solo.

Chiedere a chi ne sa più di te è sempre cosa saggia.

Come disse un mio amico (e mi sa che lo diceva pure Umberto Eco, che amico mio non era): non serve conoscere tutte le risposte; la cosa più importante è sapere dove andare a cercarle.

Bonus

Mentre scrivevo mi venivano in mente canzoni. Ognuna c’entrava qualcosa con i concetti che ho cercato di condividere. E dunque:

Sul tempo che ci vuole: ascoltate questa qui, di Ivano Fossati. Un capolavoro della musica italiana:

Sull’evoluzione: i Pearl Jam hanno qualcosa da dirvi:

Sulle strade che finiamo per imboccare: Tom Waits canta di qualcuno a cui tocca fare sempre la strada più lunga: